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Fegato:epatiti nascoste


A Parigi congresso Easl. Importante individuare i malati che non sanno d'esserlo. Cure efficaci



Parigi



Il fegato protagonista del quarantesimo congresso dell'EASL (European Association for the Study of the Liver, l'Associazione Europea per lo Studio del Fegato), che ha riunito a Parigi oltre 4000 medici e ricercatori in Epatologia di 140 centri nel mondo. Cinque giorni di incontri, dal 13 al 17 aprile, "per fare il punto sulla ricerca", spiega Massimo Levrero, segretario Easl, "sulle malattie genetiche, sui marcatori molecolari che saranno in grado di individuare i diversi tipi di tumore al fegato consentendo terapie specifiche, sull'uso delle radiofrequenze per tumori entro i 3 centimetri, su vecchie e nuove patologie, dall'epatite C e B, che hanno raggiunto dimensioni da epidemia, ai pericoli provocati dalla steatosi epatica non alcolica (eccesso di grassi nel fegato che produce un'infiammazione), dovuta a cattive abitudini di vita, sedentarietà, obesità".



Ma le protagonisti al congresso sono state le epatiti virali. "Si calcola che nel mondo siano 350 milioni gli infetti dal virus dell'epatite B", spiega il professor Jean Michel Pawlotsky (Laboratoire de Virologie Hopital Mondor, Parigi), "e 180 milioni da quello dell'epatite C". In Italia la situazione che più preoccupa è quella del "sommerso", degli infettati che non sanno d'esserlo. "Calcoliamo che da noi i malati siano tra il milione e mezzo e il milione e ottocentomila", ragiona Alfredo Alberti, associato di Terapia medica all'università di Padova, "i diagnosticati sono il 15-20 per cento e quelli in terapia circa 25 mila. Poi ci sono almeno trecentomila persone che hanno l'HCV (epat. C) con transaminasi normali e circa 60 mila co-infetti HIV-HCV, che muoiono molto spesso per le complicanze epatiche e non per l'Aids".



Come individuare i malati? "Uno screening di massa non sarebbe utile", precisa Antonio Ascione, direttore dell'Unità di Epatologia all'ospedale Cardarelli di Napoli, "io consiglio il test a chi ha subito più di tre interventi chirurgici, anche dentistici, e ha più di 50 anni, alle donne tra 40 e 60 anni, soprattutto se hanno partorito con il cesareo, a chi ha fatto piercing e tatuaggi, endoscopie. Ovviamente anche a chi ha fatto trasfusioni e uso di droghe per via endovenosa. E ai familiari degli infetti. E' indispensabile la collaborazione dei medici di famiglia".



Scovare i malati, quindi, per cominciare subito la cura. E, secondo gli studi presentati, la terapia a base di interferone pegilato alfa 2 associato alla ribavirina ha percentuali di guarigione medie del 63 per cento, 52 nel caso di genotipo 1, il più difficile e frequente in Italia, addirittura dell'84 per cento nei genotipi facili (2 e 3). Ma il problema è che i farmaci non arrivano ai pazienti.


29/04/2005

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